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La Fonte Laggiù, la Peschiera, la Maestà e la Fonte Lattaia
Alla fine del paese, sulla destra, c´è il sentiero in salita che conduce a Cennina e, con una deviazione, a Solata.
A sinistra, scendendo sulla strada di circonvallazione, si vede di fronte il sentiero, prima asfaltato e poi in terra battuta, che conduce alla Maestà. E´ una bella e comoda passeggiata, particolarmente frequentata nella stagione estiva per il percorso ombreggiato e fresco.




Panorama di San Leolino dal grande leccio sul sentiero per Cennina


La Fonte Laggiù

Dopo una cinquantina di metri, sulla destra, si trova la Fonte Laggiù, così chiamata per distinguerla dalla Fonte, nome dato allo spiazzo ombroso sotto il grande leccio, vicino alla Pieve, servito da una fontanella.





La Fonte Laggiù è stata recentemente restaurata ed è ancora attiva con acqua fresca alimentata dal retrostante vascone e dalla sorgente.
Il precedente restauro di questa che un tempo era la fonte pubblica di San Leolino risale al 1911, come ricordato da una lapide commemorativa murata nella nicchia: "L´anno 1911 consenziente il Comune questa fonte resa salubre e a miglior forma ridotta per la munificenza del Cav. Luigi Edoardo Frisoni a perenne memoria il popolo grato questo ricordo pose".





Stralcio dal Catasto Lorenese del 1823
con l´indicazione della Fonte

La Fonte Laggiù e la torretta della Peschiera



La Peschiera

Sulla collina alle spalle della Fonte Laggiù rimangono i resti di quella che strutturalmente sembra essere stata una peschiera. Non esistono documenti che ne attestino il periodo di costruzione e la destinazione d'uso. La sua presenza è rilevata nelle mappe del Catasto Lorenese del 1823.
Da un esame della struttura esistente si può ipotizzare un'attività fino alla fine del Settecento.
Gli anziani del paese affermano che quello spazio era un tempo occupato da un piccolo monastero di suore, cui la peschiera poteva appartenere.
La collina è ricca di acque sorgive ed una sorgente alimenta la peschiera, la sottostante fonte ed i vecchi lavatoi.





Stralcio dal Catasto Lorenese del 1823
con la vasca della Peschiera (il rettangolo blu)
e la sagoma della torretta (il quadrato marrone)


La torretta della Peschiera che ospitava la paratia
per regolamentare il livello dell´acqua nella vasca



L´interno della torretta con le nicchie
per le lucerne o per le candele


Particolare di uno dei due "binari" verticali
contrapposti per la paratia mobile


La bella cupola in mattoni della torretta con uno dei due binari per la paratia mobile


Particolare della torretta con le due aperture ad arco
contrapposte e la nicchia che la tradizione popolare
vuole ospitasse una piccola statua della Madonna.
Da qui la presunta antica destinazione del sito a convento

Particolare della vasca della Peschiera con i tre diversi
livelli di costruzione dei muri perimetrali




La Maestà

Proseguendo per lo stesso sentiero, dopo qualche centinaio di metri si giunge ad un trivio ove c´è una cappella stretta da alti cipressi. Il luogo viene chiamato la Maestà.
All´interno della cappella, entro una nicchia di pietra, c´è un´immagine in maiolica policroma della Madonna.
La piccola lapide sulla sinistra dell´ingresso alla cappella ricorda che "il 9 settembre 1949 colpito da fulmine qui cadeva Minatti Oliviero - I famigliari - Q. R. P." (Questo Ricordo Posero).





La Maestà



La targa devozionale con la Madonna,
il Bambino e San Giuseppe

La cappellina al trivio per San Leolino,
Lupinari e Cennina

La lapide in memoria di Oliviero Minatti e l´incisione
con una P, una I ed un cuore diviso in due sezioni


Il sentiero a sinistra scende fino al laghetto ed alla fattoria di Lupinari, quello a destra, salendo, si ricongiunge con il sentiero per Cennina.
Quest´ultimo sentiero costeggia a sinistra la vigna ove si trovava la Fonte Lattaia, mentre a destra la vista può godere di un bel panorama su tutto il paese.





Osservando questo panorama si riesce a scorgere qualche colombaia; un tempo erano più numerose e venivano utilizzate per l´allevamento del piccione torraiolo che garantiva la pulizia dell´ambiente circostante da serpi e erbacce, produceva un concime adatto alla coltivazione di lino e canapa e garantiva un´alimentazione di carne alla famiglia.
Oltre quelli citati, di cui quello per Cennina è un conosciuto sentiero turistico segnalato dal CAI, una fitta rete di altri sentieri consente passeggiate destinate a diversi livelli di escursionisti, non tanto per la sicurezza, quanto per la lunghezza di alcuni tracciati.


La Fonte Lattaia


Nei pressi di San Leolino, tra il sentiero che porta a Cennina e quello che conduce alla Maestà, esisteva fino agli anni settanta una sorgente alla quale venivano attribuite proprietà galattofore, faceva cioè venire o rendeva più abbondante il latte alle donne ed alle femmine degli animali.
La sorgente si chiamava Fonte Lattaia, mentre in tempi più remoti veniva indicata come Lattona o Lactona.
Oggi questa sorgente, le cui origini si perdono nella preistoria, non esiste più, deviata, interrata, cancellata dal "progresso" e dalla scarsa comprensione del suo potenziale storico e turistico.
Chi vuole sapere dove si trovava, come era fatta, che richiamo esercitava ancora sulla gente, deve ricorrere alla tradizione orale, ai ricordi ed ai racconti degli anziani ed alle indagini archeologiche che sono state fatte nell´antico sito.
Nella prima metà del novecento la sorgente era facilmente riconoscibile non solo per l´abbondante fuoriuscita d´acqua, ma anche perché sul posto era stata costruita un´edicola con una immagine devozionale in terracotta della Madonna con il Bambino e nei pressi era stata iniziata la costruzione di una piccola cappella. Poi i lavori furono interrotti ed oggi sono visibili soltanto pochi resti di due muri perimetrali.
Chi eseguì le indagini archeologiche individuò nella zona numerose e vaste industrie risalenti al Paleolitico superiore ed al Neolitico. In particolare fu trovato appeso nell´edicola un idoletto dell´età della pietra, una statuetta mutila in terracotta fornita di attributi mammari e con una certa prominenza dei glutei. Poteva trattarsi di un ex voto per la presenza di due fori praticati sulla testa attraverso i quali si faceva passare un laccio che permetteva di indossarlo come un oggetto sacro.
Le indagini confermarono l´esistenza nella zona di insediamenti umani senza soluzione di continuità, da quattromila e più anni fa fino agli stanziamenti agricoli degli etruschi prima e dei romani poi.
Non fu esclusa dagli studiosi l´ipotesi di un´origine sacrale precristiana della fonte e la presenza di un santuario della lattazione.
Le particolari proprietà di queste acque erano note non solo nella Val d´Ambra, ma anche nel Chianti, nel Valdarno, nella Val di Chiana ed in altri luoghi dell´aretino e la fitta rete viaria che ha sempre caratterizzato il collegamento tra questa ed altre zone permetteva di giungere facilmente alla fonte che era meta di numerosi pellegrinaggi, e ciò fin quasi a trent´anni fa.
I pellegrini avevano anche l´abitudine di gettare monete nella sorgente, cosa ritenuta di buon auspicio.
A San Leolino si racconta ancora di un uomo che, recatosi alla fonte con alcuni amici, non credendo alle proprietà dell´acqua ed anzi deridendole pesantemente, ne bevve per spregio una grande quantità, ma dopo si vide gonfiare il petto di latte, tanto che ne morì.




La vigna sul sito della Fonte Lattaia


La vecchia sorgente ormai asciutta
perché l´acqua è stata deviata


I resti della cappellina mai ultimata



Testimonianza anche questa scomparsa della
"cementazione" della sorgente


La fonte Lattaia è più volte citata negli inventari della Pieve, a partire dal 1602, come punto di riferimento per i confini dei beni della chiesa, terreni, oliveti, ecc.
E quanto fosse conosciuta questa fonte lo conferma la poesia che Sebastiano Sanleolini dedicò a Cosimo I de´ Medici nel 1578.





De Fonte Lactario.

Fons Loquitur.

Qui priùs armento fueram vix cognitus, undis
   Nunc benè purgatis, haurior a Sàtyris:
Nunc me degustant, pastorum numina, Panes:
   Me bibit expulsis sola Pales gregibus:
Sorbentes in me spectant sua cornua Fauni:
   Oreades, potant me quoq; (quoque) Amadryades:
Haurit aquas nostras, Dircaeo fonte relicto,
   Stipata innumeris Delia virginibus:
Nempè feris pulsis cùm fessa quiesceret Antro
   Diua (diva) meo: Nymphae, sic ait, ò comites
Nectareumne (nectareum ne) magìs riuum (rivum) gustastis? an alter
   Gratior hoc laxis esse potest pharetris?
Sit sacer hic nobis, hic, cùm cessabimus Arcu,
   Potibus assiduis sufficiat laceras.
Nec te poeniteat lymphis potasse Dianam
   Fons alme, ò cunctis fontibus anterior:
Nec te plus valeat fons Salmacis ille; biformem
   Et si hominem reddunt Salmacidi latices:
Nec te Leucatae deuincant (devincant) aequora, quamuìs (quamvis)
   Extinguant flammas illa Cupidineas.
Si Lucina iuuo (iuvo) parienteis (parientes) Juno puellas:
   Ferre etiam enixis me iuuat (iuvat) auxilium.
Quippè tuo dictum cape Fons de nomine munus:
   Pignora iam valeat tollere quo genitrix:
Nomen habes à lacte: tibi sit nominis vsus:
   Exhaustis praesis diue (dive), puerperiis:
Quae´q: (quaeque) tuos biberit sinè lacte puerpera riuos (rivos):
   Huic sacro mammae lacte graues (graves) tumeant.
Dixerat: & (et) riuum (rivum) diuina (divina) aspergine tinxit
   Diua diva) triplex: vulgant id facinus Comites.
Expertes lactis concurrunt vndi´q ; (undique) Matres:
   Degustant vndas: (undas), lac´q; (lacque) bibent Pueris.
Praemia quanta quidem? gratae quae gratia Diuae (divae)?
   Haustus aquae aeternum lac mihi reddiderit?
Muneribus proprium certare, & (et) vincere Diuum (divum) est:
   Conduplicata feret, Qui Superis dederit.
Vbera (ubera) sicca quibus; genitrices Fontis ad vndam (undam)
   Pergite lactantis passibus intrepidis:
Sugite lactantes: per me modò Copia lactis
   Largior exhaustis redditur vberibus (uberibus):
Gaudete ò Pueri nutricia flumina habentes;
   Qualia Saturni tempore nec fuerint.


(Traduzione provvisoria)
La fonte Lattaia

La fonte parla

Io che prima ero stata conosciuta a stento dal bestiame,
ora bene purificate le acque sono bevute dai Satiri (a)
Ora mi gustano i Pani (b) divinità dei pastori
Mi beve la sola Pale (c), dopo aver allontanato il gregge
I Fauni (d) bevendo osservano le loro corna
Mi bevono le Oreadi (e) e anche le ninfe Amadriadi (f)
Beve le nostre acque, lasciata la fonte Dircea (g),
Delia (h) accompagnata da molte vergini
Poco fa, cacciate le fiere, quando riposava stanca nella grotta,
la Dea così dice: "Ninfe, compagne
forse gustate di più il mio nettare?
O può esserci qualcosa di più gradito di queste stanche faretre?
Questa sia sacra per noi,
questa, quando avremo smesso con l´arco, sia sufficiente con continue bevute delle cose sacre
Non pentirti che Diana (i) abbia bevuto l´acqua
O alma fonte, o fonte più vecchia di tutte le fonti
Non vale più di te quella famosa fonte Salmacide
Anche se le acque della fonte Salmacide (l) rendono gli uomini biformi
Né le acque di Leucate (m)ti vincano, sebbene quelle estinguono le fiamme dei desideri
Se Giunone (n) Lucina (o) aiuta le giovani partorienti
Mi piace portare aiuto ai piccoli nati
Perciò come fonte prendi (questo) dono dal tuo nome
Ormai come genitrice valga prendere pegni
Hai nome dal latte: per te sia l´uso del nome
Per gli stanchi e faticosi parti, o dea,
qualunque puerpera berrà le tue acque
e questa si riempiranno le mammelle di latte
aveva detto: "tinse il rivo con divina aspersione la triplice dea"
i compagni rendano pubblico questo fatto
le madri, prive di latte, vengano qui da ogni parte
gustino le acque, bevano il latte per i piccoli,
certamente quanti premi, invero?
Quale grazia per la gradita dea?
Dopo aver bevuto mi restituirà il latte eterno dell´acqua?
E´ proprio degli Dei combattere con i doni e vincere
Doni duplicati porterà chi li avrà offerti agli dei
Donne con le mammelle senza latte, avvicinatevi
Alle acque di questa fonte candida con passi intrepidi
Alzatevi lattanti: per mezzo di me soltanto abbondanza di latte
Più abbondante è reso alle mammelle che hanno bevuto
Godete, o fanciulli, avendo fiumi come nutrici
Quali furono al tempo di Saturno (p) neppure.

Note:
(a) Satiri. Geni dei boschi, delle acque e dei monti, da loro simboleggiati insieme con le Ninfe.
(b) Pani. Genietti dei boschi, si divertivano a molestare con rumori misteriosi e con sogni gli uomini, mescolandosi con i Satiri e con altre divinità minori dei campi.
(c) Pale. Antichissima divinità latina, protettrice delle greggi e dei pastori. Da lei prese il nome il colle Palatino, dove abitavano in origine i pastori che costituirono il primo nucleo della popolazione di Roma. Le feste loro dedicate si svolgevano il 21 aprile, giorno della fondazione di Roma.
(d) Fauni. Divinità campestre cui venivano attribuiti come figli i Fauni, divinità vellose e caprigne, che spesso vengono ricordate nelle favole dai poeti come insidiatori di Ninfe.
(e) Oreadi. Ninfe dei monti e delle colline, assegnate alla corte di Diana che praticava la caccia nei luoghi da loro abitati.
(f) Amadriadi. Ninfe dei monti e delle colline,vivevano e morivano insieme con l´albero nel quale erano immedesimate, al contrario delle Oreadi che vivevano nel cuore stesso degli alberi a loro consacrati, ma erano libere di uscirne.
(g) Dirce. Seconda moglie di Lico, re di Tebe. Per amore di lei Lico aveva ripudiato Antiope, sua prima moglie e madre di Anfione e Zeto. I due fratelli, per vendicare l´oltraggio fatto alla madre prima uccisero il padre, poi legarono Dirce alle corna di un toro furioso . Per pietà intervennero gli dei che convertirono Dirce in una fonte.
(h) Delia. Epiteto attribuito a Diana Artemide, perché nata nell´isola di Delo.
(i) Diana. Dea della caccia. Il padre Giove l´aveva dotata di arco e frecce , creandola regina dei boschi e delle selve.
(l) Salmace. Ninfa innamorata di Ermafrodito, ottenne dagli dei che i loro corpi rimanessero sempre uniti, formandone uno solo, cioè un essere ibrido uomo-donna.
(m) Leucade. Promontorio che sorge in un´isola presso le coste dell´Acarnania, regione della Grecia settentrionale, bagnata dal mar Jonio. Da tale promontorio si gettavano in mare quelli che volevano guarire del mal d´amore.
(n) Giunone. Una delle maggiori divinità dell´Olimpo, era considerata come la dea presiedeva alla fedeltà coniugale, protettrice dei matrimoni e dei parti.
(o) Lucina. Epiteto attribuito a Giunone dalle partorienti per invocare la sua protezione per i nascituri.
(p) Saturno. Antico dio latino, cacciato dal figlio Giove avrebbe trovato rifugio nel Lazio regnando sulla popolazione agreste e divenendo dio del benessero agricolo.
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